Benahavís Flamenca anticipa le tendenze per la feria 2022

In foto: un momento della sfilata di Pepe Canela a Benahavís Flamenca 2021 (scatto di Miguel Ángel Estrada)

Nel mese in cui la moda è protagonista sulle passerelle di tutto il mondo, il mondo dei volant non è rimasto a guardare. 

Due sono gli appuntamenti con cui il settore ha celebrato negli ultimi giorni la miglior notizia che potesse ricevere: dopo due anni di dolorosa assenza, la feria de Abril è stata confermata per il 2022, facendo da plausibile apripista alle altre festività folkloristiche andaluse. 

É stato quindi in un clima di incontenibile entusiasmo – tra esibizioni dal vivo e speranze rinnovate – che i designer hanno vestito le modelle con capi finalmente indossabili. Abiti che trovano, dopo tanto, la loro ragion d’essere negli armadi delle donne che hanno già iniziato il countdown verso la primavera.
Da un lato, ben 31 stilisti hanno mostrato ieri le loro proposte per l’evento in una giornata intensiva di sfilate organizzata in centro a Siviglia con la collaborazione delle associazioni Qlamenco, Mof & Art e Lunar Off

Dall’altro, in provincia di Málaga, Benahavís Flamenca si è impegnata con la sua seconda edizione a perseguire l’ambizioso obiettivo che si era posta in piena pandemia: quello di consolidarsi come punto di riferimento per gli innamorati dei volant nella Costa del Sol.
E, inaspettatamente, è stata forse proprio quest’ultima la manifestazione più interessante per chi cercava un’indicazione chiara sulla direzione che sta prendendo la moda regionale andalusa nell’era post-covid.
Se a Siviglia le novità hanno scarseggiato (nella stragrande maggioranza dei casi, i designer si sono limitati a rinfrescare le collezioni invendute del 2020), è stato, infatti, proprio a Benahavís che abbiamo potuto finalmente goderci qualche traje appena sfornato (segnaliamo, tra tutte, le collezioni di Antonio Lara, Pepe Canela e Susana Zamora).

Quello che ne emerge è, innanzitutto, un deciso ritorno alla palette base del flamenco: dominano, su tutti,  il nero, il bianco e il rosso, con appena qualche sporadica concessione ai toni del fucsia e del viola – un trend che, del resto, avevamo già avuto modo di osservare nelle proposte dei giovani talenti nell’ambito dei tanti concorsi organizzati nell’arco dell’anno.

 

Da sinistra a destra: abiti di Antonio Lara, Teressa Ninú, Miguel Ángel Ocón 

C’è poi una decisa scommessa sulla versatilità, giustificata dall’incertezza del periodo: di fronte alla all’impossibilità di sapere se varianti e ondate si decideranno davvero a non guastare i piani, gli stilisti si tutelano puntando sempre più su capi indossabili indistintamente ad una feria o a un’occasione mondana. 


(Apriamo una parentesi per azzardare che nel pret- a- porter flamenco i pantaloni a campana emergeranno come capo feticcio, in onore alle ispirazioni 70s che contaminano la scena fashion a 360 gradi) 



Da sinistra a destra: proposte di Pepe Canela, Pepitina Ruíz e Susana Zamora 

A Benahavís, come a Siviglia, le silhouette si stringono al corpo, le trasparenze abbondano e la vita si alza, valorizzando al massimo il corpo femminile. In mezzo ad una prevalenza di monocromo, i pois rivendicano con orgoglio il ruolo di stampa emblematica del flamenco, in un ritorno alla tradizione che sposta lievemente in secondo piano le proposte più trasgressive.

Come avevamo previsto, le maniche sono per lo più lunghe, con i volumi che iniziano a spostarsi nuovamente dalle spalle al polso.

Insomma: tutto lascia presagire che la flamenca del 2022 sarà sensuale, elegante e classica… ma i saloni programmati per l’inizio dell’anno fanno ancora in tempo a farci cambiare idea.

Nell’attesa, ecco, negli scatti di Miguel Ángel Estrada, le collezioni presentate alla seconda edizione di Benahavís flamenca.


ANTONIO LARA












AURORA GAVIÑO



















PEPE CANELA 


















MIGUEL ÁNGEL OCÓN 









PEPITINA RUIZ 















SUSANA ZAMORA















TERESSA NINÚ 



















Qui trovate anche un video riassuntivo della manifestazione: 

 Vi siete già fatte un’idea dell’abito con cui vorreste ballare sulla sabbia del recinto ferial? 

[GALLERY] Málaga ricorda la sua feria con una mostra di moda flamenca

In foto: dettaglio dell’esposizione fotografica “Héroes con Volantes”, allestita fino al 22 Agosto in calle Alcazabilla, Málaga

All’imbocco della centrale Calle Larios, le botti del Cartojal sembrano opera di un sadico. Ci passi davanti e ti chiedi, quasi con rabbia, se non sarebbe stato meglio non metterle affatto; Evitare di ricordare ai più distratti che il via vai tranquillo del centro avrebbe dovuto, in questi giorni, lasciare spazio ad un tripudio di colori.

La chiamano “Non-Feria”. Di nuovo, per il secondo anno di fila.

Perchè quando dai il nome a qualcosa la rendi automaticamente concreta; E da qualcosa di concreto è più facile ricavare il pretesto per una celebrazione in sordina. Un brindisi al bar con un’amica, magari. O un filo di lanternine colorate appese ad un gazebo in spiaggia. 


Meglio che niente, sí… Ma arriva il punto in cui non basta più.
Non prendiamoci in giro:  “Non-Feria” non significa Feria. Non lo è stato a Siviglia e non lo è neppure a Málaga. 

Il vino dolce che, di solito, si beve in questi giorni ha sostituito il suo tradizionale slogan “estoy de muerte, my friends” con un più protettivo – e pandemico – “cuídate my friend” (abbi cura di te). E fossi nel dipartimento marketing del brand lo rimpiazzerei in via definitiva, perchè quando tutto questo finirà, la morte non vorremo menzionarla neanche in un modo di dire.

Le botti fucsia del Cartojal, però, non sono l’unico promemoria di un evento che a tutti i malagueñi sembra ormai lontano anni luce. A ricordare la festa grande della città, è stata allestita in calle Alcazabilla anche una mostra fotografica di mostra flamenca. Si intitola “Héroes con volantes” e rende omaggio ai lavoratori che si sono dimostrati essenziali mentre il Covid-19 ce la metteva tutta per stravolgere il mondo. Dai pannelli allestiti davanti al Teatro Romano, medici, infermieri, docenti, conducenti di autobus e professionisti del settore gastronomico posano davanti all’obiettivo del fotografo David Gallardo sfoggiando gli abiti di 13 grandi designer del settore: tutti rigorosamente locali.

Ve ne offriamo un piccolo assaggio in immagini:


Abiti: F de Frank


Abito: Jote Martínez


Abito: Lourdes Paz


Abiti: Magalí Villanueva


Abito: Amparo Pardal


Abito: Yolanda Relinque


Abiti: José Galvañ



La mostra “Héroes con volantes” è stata organizzata dai quotidiani La Opinión de Málaga e Prensa Ibérica con il patrocinio della Diputación de Málaga, la marca Málaga de Moda e Cervezas San Miguel, contando con la preziosa collaborazione di LunarOff e Málaga Procultura. Si potrà ammirare fino al prossimo 22 Agosto. Se siete in vacanza a Málaga, vi consigliamo vivamente di darci un’occhiata. 

Dalla feria alla strada: Antonio Gutiérrez adatta gli abiti flamenchi al pret a porter nella nuova capsule “Granada es Arte”.

 Foto: Modelli di Antonio Gutiérrez /M.G. 



Cosa succede quando uno dei più rinomati designer di moda flamenca adatta i suoi modelli più iconici al vestire quotidiano? La risposta, ve lo diciamo noi, non può essere che una: ARTE. Se mai ve ne servisse una prova, citofonate ad Antonio Gutiérrez.

Se in tempi di pandemia la parola d’ordine è reinventarsi, lo stilista granadino l’ha fatto nel migliore dei modi. Lungi dal perdersi d’animo per i mancati introiti di due stagioni senza feste popolari, ha presentato da poco un’innovativa capsule collection di moda pret a porter. L’operazione in sé non è una novità (da Flamenca Pol Nuñez a Juan Boleco, Andrew Pocrid e  Ana Morón, i suoi colleghi l’hanno già fatto praticamente tutti!), ma senza dubbio lo è l’esecuzione.

Gutiérrez non si é limitato, infatti, a riproporre i tratti distintivi del suo stile su capi da indossare tutti i giorni, ma ha modificato i suoi abiti flamenchi più iconici per renderli indossabili in un contesto diverso da quello di una feria. Un esercizio di creatività che convince e affascina in particolar modo chi ne segue la traiettoria da un po’.



Foto: Modelli di Antonio Gutiérrez /M.G.

In tutte le collezioni recenti del settore dei volant trova spazio qualche abito indossabile nel quotidiano, ma al giorno d’oggi non può più bastare. “Questo è il momento di consolidare lo stile flamenco alle cerimonie e nella vita di tutti i giorni per poter sopravvivere”, ha dichiarato lo stilista.


Foto: Modello di Antonio Gutiérrez /M.G.

Presentata tramite un suggestivo fashion film e dedicata alla sua terra natale, «Granada es Arte» è a tutti gli effetti una continuazione della collezione flamenca “Souvenir” del 2020, adattata ad altri tipi di eventi e celebrazioni. Un tentativo di avvicinarsi a un pubblico più ampio, fatto di donne che adorano lo stile andaluso ma non possono, non vogliono o non sono abituate a sfoggiare il traje de gitana. Composta da un totale di 21 capi abbinabili tra loro, la nuova capsule di Gutierrez offre un’ampia gamma di opzioni per il giorno, per la sera e per le occasioni mondane.



Foto: Modello di Antonio Gutiérrez /M.G.

I capi sono realizzati in tessuti come taffettá, mikado e  voile,  declinati in una palette di colori accesi che vuole essere un inno alla gioia di vivere: su tutti spiccano il fucsia, il verde smeraldo, il rosso, il bianco e l’oro. Gli immancabili fiocchi e i pois, caratteristici delle collezioni di Gutiérrez, si fondono a tendenze attuali come il crochet.


Foto: Modello di Antonio Gutiérrez /M.G.  

Nel dare vita alla capsule, il designer ha collaborato con diversi artigiani locali, per offrire una visione a 360 gradi dell’arte della provincia di Granada.

“Come granadino, ho sempre voluto raccontare nelle mie collezioni l’enorme ricchezza culturale, economica e sociale di Granada […]”, ha affermato lo stilista. “Credo che questa provincia sia una grande fonte di ispirazione. Al suo interno si sviluppano innumerevoli tecniche d’artigianato che poco a poco vengono dimenticate. Lo scopo del mio lavoro è riscattarle e mostrarle a tutto il mondo, affinchè non si perdano.

Qui sotto potete godervi il fashion film “Granada es Arte”. 

[GALLERY] Sentir Flamenco: un omaggio alla bata de cola

Foto: Nancy Aiello / Sevilla a Mi Manera

Vera e propria opera d’arte sartoriale, la bata de cola é uno dei simboli più sontuosi del flamenco. Tutti i più grandi designer del settore (e non solo!) vi ci sono cimentati negli anni, accettando una sfida d’aghi e tessuto tanto impegnativa quanto gratificante.
Perchè una cosa è certa: che si esibisca come capo gioiello al termine di una sfilata o accompagni i movimenti aggraziati di una ballerina su un tablao, la bata de cola lascia, e lascerà sempre, tutti senza parole. 


L’evoluzione di questo capo iconico si racconta oggi nell’esposizione “Sentir flamenco: Alegoría de la Bata de Cola, allestita fino al prossimo 2 Maggio nella suggestiva cornice del patio del Círculo Mercantil e Industrial di Siviglia.

Nancy di Sevilla a Mi Manera – ormai corrispondente ad honorem dal capoluogo andaluso – ci accompagna a visitarla virtualmente con queste meravigliose foto. 

Che dite? Vi va di fare un giro?


Bata de Cola di José Galvañ. Foto: Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera



Bata de Cola di Jose Valencia . Foto: Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera
 


Bata de Cola di Rosa Pedroche. Foto: Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera



Incorniciata dai mantones di Foronda, la mostra si inquadra nel contesto delle numerose iniziative promosse nella città della Feria de Abril con l’obiettivo di dare visibilità al settore della moda flamenca.

Il designer Javier García, socio dell’associazione Lunar Off che organizza l’esposizione, spiega bene perchè è necessario: “Stiamo vivendo momenti di grande cambiamento, e ci è sembrato interessante dare valore ad un capo rappresentativo della moda flamenca – e del flamenco in generale – che potremmo considerare quasi in pericolo di estinzione”. 

Il risultato è un campionario di 20 abiti, diversi per forma e tessuto, che si ispirano a, o ricreano fedelmente, l’estetica della bata de cola


Bata de Cola di Javier García. Foto: Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera

In realtà, le origini di questo indumento vanno ricercate al di fuori dal mondo dei volant… e addirittura fuori dalla Spagna! Con tutta probabilità i “nonni” della bata de cola sono, infatti, gli abiti di corte indossati dalle nobildonne francesi del XIX secolo, che si caratterizzavano per il lungo strascico: si portava raccolto su un lato e, quando si arrivava in un posto pulito, lo si scioglieva. 

Forse allora è iniziato tutto così: dalla necessità di mettersi a ballare con quello che si aveva addosso, trasformando l’impedimento di un abito importante in uno strumento con cui abbellire ed evidenziare i movimenti. Sia come sia, anche le bailaoras di flamenco iniziano ad indossare le batas nel diciannovesimo secolo, quando in Andalusia prendono piede  i café cantantes: saloni con tablao e sedie per un pubblico esigente, che bisognava a tutti i costi stupire. 

Nel ventesimo secolo la bata non è più una novità ed entra a far parte a tutti gli effetti del ballo flamenco. A renderla di moda sono soprattutto artiste come Pastora Imperio ed Antonia Mercé, anche se é stata Carmen Amaya ad usare una delle più spettacolari, lunga addirittura tre metri (la  lunghezza abituale varia tra i 150 e 175 centimetri)

Oggi la bata de cola si usa soprattutto in palos come alegrías, soleá o seguiriya. 



Pablo Retamero e Juanjo Bernal reinterpretano la bata de cola in chiave contemporanea, in un tripudio di pois dorati.


Alejandro Santizo è uno dei maestri indiscussi della Bata de Cola. La firma si caratterizza da sempre per l’uso massiccio del colore rosso, tanto che nel settore della moda flamenca si parla di “Rojo Santizo”. Questa bata, spettacolare, ha una lunghezza leggermente superiore alla media: 180 centimetri.

Bata de cola di Alejandro Santizo. Foto: Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera


Parte della collezione 2016 Azahara, questa bata di Florencio Perez si ispira all’amore di Abderraman III per Azahara. Il rosso rappresenta la forza, il potere, la passione. L’oro incarna la ricchezza del califfato e lo splendore dell’epoca.

[VIDEO] Una Sfilata Virtuale e un Fashion Film per sognare la prossima feria

Foto: Un frame della sfilata virtuale “Sevilla te espera vestida de flamenca” – modello di Rocío Olmedo

Tra le numerose attività in programma a Siviglia per la non feria de Abril era stata inizialmente annunciata anche una passerella di moda flamenca, che è stata poi rimandata a data da destinarsi a causa del peggioramento della situazione sanitaria locale.

Lungi dal perdersi d’animo, gli organizzatori (l’agenzia di comunicazione Doble Erre e lo stesso Comune) hanno deciso di rendere ugualmente omaggio a designer e artigiani andalusi trasferendo – per il momento – l’evento su un piano virtuale.

Sono nate così 5 produzioni audiovisive, filmate nella suggestiva cornice del Casino de la Exposición nel rispetto di tutte le misure di sicurezza e di recente pubblicate sul canale Youtube dell’amministrazione municipale.

E noi ringraziamo, perchè così possiamo goderci (anche dall’Italia) la sfilata completa con le creazioni di ben 24 designer; apprezzare i dettagli e le texture degli abiti in un suggestivo fashion film e “intrufolarci” nel dietro le quinte con un making of tutto trucco, fiori e mascherine. Per chi non avesse neanche dieci minuti a disposizione, è disponibile anche un estratto della parte finale della passerella e un trailer

Il tutto è stato catalogato con il beneaugurante nome di “Sevilla te espera vestida de flamenca”, ovvero Siviglia ti aspetta vestita da flamenca. Un invito che non vediamo l’ora di accettare.


Modello di Miriam Galvin


Modello di Antonio Gutiérrez


Mantón di Foronda


Dettaglio: Fina Estampa

Questi i designer che hanno partecipato alla sfilata: 

Francisco Tamaral, Marina Moda Flamenca, Aurora Gaviño, Maricruz y Montecarlo, Yolanda Moda Flamenca, Carmen Latorre, Gil Ortiz, Yolanda Rivas, Molina Moda, Pol Núñez, Miriam Galvín, Ángela y Adela, Luis Fernández, Pilar Vera, Ángeles Verano, Sonibel, Atelier Rima, Rocío Peralta, Antonio Gutiérrez, Pepa Garrido, Fabiola, Juan Foronda, Fina Estampa e Rocío Olmedo.

A seguire, eccovi il video della passerella, il fashion film e il making of.
Buona – e flamenchissima – visione!  



FASHION FILM “SEVILLA TE ESPERA VESTIDA DE FLAMENCA”



SFILATA VIRTUALE COMPLETA

MAKING OF

[GALLERY] L’evoluzione dell’abito flamenco

FOTO: Nancy Aiello / Sevilla a Mi Manera

Il traje de flamenca è l’unico costume regionale spagnolo che si modifica nel tempo, subendo l’influenza delle mode e del contesto sociale in cui si inquadra. Lungi dal restare rilegata in qualche polveroso libro di storia, la sua evoluzione prende corpo e colore in una bellissima mostra allestita nella sede del Comune di Siviglia, dove si potrà visitare fino al prossimo 2 Maggio.

Per realizzarla, l’associazione Mof & Art si è basata sullo studio di materiale fotografico e pittorico legato alla Feria de Abril, accompagnando cimeli antichi (come peinetas, nacchere e abiti passati alla storia per le personalità di spicco che li hanno indossati – Lola Flores su tutti) con modelli che aspirano a reinterpretare nel modo più fedele possibile lo stile di ogni epoca.


Le due prestigiose batas de cola del designer Justo Salao: quella gialla fu indossata da Lola Flores all’expo del ’90, durante uno spettacolo nel padiglione italiano; Quella blu vestí la cantante Estrella Morente a un’opera presentata al Liceo di Barcellona e al Teatro della Maestranza di Siviglia.


Peinetas d’epoca




Nancy Aiello di Sevilla A Mi Manera ha visitato l’esposizione per noi e, come promesso, vi riportiamo tutte le foto in questo post. 

LE ORIGINI



Quello che oggi chiamiamo “traje de flamenca” nasce verso la metà del diciannovesimo secolo, quando aveva ancora molto in comune con gli abiti dipinti da Goya nei suoi ritratti. Per assistere alle fiere del bestiame (che comprendevano anche balli e festeggiamenti di ogni genere), le gitane e le donne di campagna indossavano abiti leggeri, che dovevano essere abbastanza comodi da adattarsi alla vita nomade e alle incombenze quotidiane. Le gonne erano quindi molto ampie, con uno o due volant al massimo, e si accompagnavano a foulard e orecchini che imitavano i coralli.

Per realizzarli venivano utilizzati tessuti poveri, venduti a basso costo… e proprio da lì vengono i pois, che oggi sono – assieme ai volant – il simbolo indiscusso della moda flamenca. La fantasia che tanto amiamo nacque infatti da un errore di stampa, e inizialmente godeva di pessima fama in quanto ricordava malattie come il morbillo. Per questo costava pochissimo e le classi meno abbienti (come, appunto, quelle delle gitane e delle campesine) potevano accedervi con maggior facilità.

Tra il 1870 e il 1909 le donne della borghesia cominciano anche loro ad assistere alla feria, che inizia a configurarsi sempre più come una festa popolare indipendente dalla compravendita di bestiame. Qui vengono conquistate dalla bellezza dell’abito indossato dalle gitane ed iniziano ad ordinarne di simili da indossare in quello specifico contesto. Naturalmente, la disponibilità economica era abbastanza diversa da quella delle contadine: ecco quindi che il traje de gitana si abbellisce con tessuti più raffinati e un maggior numero di volant, accompagnandosi a pettini di tartaruga, orecchini d’oro e corallo e gli immancabili Mantones de Manila, che iniziano a fare la loro comparsa sulla scena flamenca.

L’esposizione iberoamericana del 1929 segna un punto di inflessione nella storia dell’abito che tanto amiamo, che viene adottato in massa dalle donne delle classi alte (pois compresi), imponendosi a tutti gli effetti come costume regionale.

GLI ANNI ‘20




L’umile indumento contadino inizia a diventare qualcosa di molto più elaborato. Entrano in gioco l’organza e il batista (un tipo di tela finissima di lino),  e si iniziano ad utilizzare pettinini e fiori per l’acconciatura. Le donne accompagnano l’outfit con gli orecchini che utilizzano per le occasioni speciali, dal momento che non  esistono ancora quelli espressamente creati e pensati per la feria.


GLI ANNI 30



I caffè letterari ispirano le donne delle classi alte nella scelta dell’abito da indossare a quello che inizia ad essere un appuntamento imprescindibile per tutti i sivigliani. Percalle, lino, voile di cotone, nastri e merletti a tombolo entrano così nel traje de flamenca, che viene ormai indossato indistintamente da tutta le classi sociali.


GLI ANNI 40



Dopo la guerra civile che ha devastato (psicologicamente ed economicamente) la Spagna, Siviglia recupera finalmente la sua feria, sospesa per tre anni di fila. I tessuti tornano ad essere economici, e gli abiti da flamenca si cuciono a casa.
Le linee sono perciò essenziali, e sono gli accessori ad assumere il protagonismo: la plastica diventa la base per realizzare orecchini, bracciali, pettinini e collane che iniziano a ricordare quelli che tutt’oggi utilizziamo per la feria.

C’è chi dice che lo stile flamenco del dopoguerra ispirerà la moda flamenca del post Covid-19, dopo l’iniziale trionfo di colori, pailettes ed eccessi di ogni sorta che secondo tutte le  previsioni dominerà la prima vera feria dopo la pandemia – in linea con quanto stanno già proponendo i designer della moda “civile”. 

ANNI 50


La feria de Abril compie 100 anni e vive la sua epoca di massimo splendore. Le casetas iniziano ad essere decorate con cura, le carrozze trainate da cavalli circolano per le strade e la spensieratezza regna sovrana. Il traje de flamenca si riappropria dei volant, scommettendo sull’organza inamidata e i sottogonna ricamati.

ANNI 60



Si inquadra in questo decennio la trasformazione più importante subita dal traje de flamenca nel corso di tutta la sua storia: la lunghezza si accorcia al ginocchio, innovando completamente la silhouette. Inoltre, si incorporano i volant di piccole dimensioni e i sottogonna colorati.

É in questi anni che l’immaginario di toro, flamenco e donne vestite da flamenca inizia ad essere associato alla Spagna a livello internazionale. Icone fashion internazionali come Grace Kelly, Jackie Kennedy, Ava Garder o Rita Hayworth arrivano in Spagna e si vestono da flamenca, contribuendo alla diffusione dell’estetica del costume tipico andaluso in tutto il mondo. 

ANNI 70 

L’abito flamenco aderisce al corpo, stilizzando la figura femminile. Gli abiti tornano ad allungarsi fino alle caviglie e le maniche fino al polso. 




ANNI 80



Negli anni ‘80 si torna a guardare al passato e si recuperano i vestiti con pochi volant (due o tre). Tra i tessuti appare il terital e i merletti sintetici vivono il loro momento d’oro. É interessante notare, nei modelli esposti nella sede del Comune di Siviglia, il protagonismo assoluto delle maniche, che spostano l’attenzione sulla parte superiore del corpo come accade anche nella moda pret a porter dell’epoca (vi dicono niente le spalline imbottite?)


ANNI 90




La moda internazionale s’innamora del costume regionale andaluso e grandi firme come Jean Paul Gaultier o Dolce & Gabbana si ispirano alla moda flamenca per le loro creazioni.
É in questo decennio che nasce la prima passerella professionale dedicata al settore dei volant: SIMOF.

Potendo disporre finalmente di una “vetrina”  in cui esporre i loro lavori, i designer si vedono spronati a creare per la prima volta vere e proprie collezioni di moda flamenca, con un preciso filo conduttore estetico e concettuale. Il traje si inizia quindi a “pensare” di più, cercando l’innovazione e l’identità personale.

Le gonne perdono ampiezza e il punto vita scende, come nei pantaloni in voga all’epoca. Tra i tessuti, si impongono il georgette, il crochet e la garza, mentre orecchini e pettinini si decorano con frammenti di minerali e porcellana.


ANNI 2000

La moda flamenca diventa un’industria a tutti gli effetti, con designer specializzati, negozi dedicati, collezioni e tendenze annuali. Si inizia a parlare di “quello che va di moda quest’anno” per la feria e l’influenza della moda pret a porter si fa sempre più invasiva.

Iniziamo a vedere tagli asimmetrici, completi di giacca e gonna e innumerevoli innovazioni che tuttavia non dimenticano le origini e l’essenza del traje andaluso. Proprio come nella moda convenzionale, si utilizzano ormai tutti i tipi di tessuto e diventano fondamentali gli accessori, realizzati con materiale di qualità sempre migliore (dai cristalli all’oro e le pietre preziose)




DAL 2010 ALL’ATTUALITÁ

Ogni designer di moda flamenca adottano ciascuno uno stile proprio, e le possibilità di scelta per le clienti sono quasi illimitate. La crisi del 2008 colpisce duramente il settore, che però sopravvive grazie alla passione delle andaluse per il loro costume regionale – un segnale di speranza nei tempi difficili in cui ci troviamo a vivere.

Nell’ultimo decennio le passerelle di moda flamenca si sono moltiplicate, coinvolgendo non solo Siviglia ma tutte le principali città andaluse (da Jerez a Málaga e Granada). Come nel pret a porter, i social network hanno modificato – e continuano a modificare – le modalità di fruizione e i meccanismi di promozione dell’industria dei volant tra fashion films, blogger, influencer e sfilate virtuali.

Grazie ad Internet, il traje de flamenca si è ulteriormente diffuso in tutto il mondo, con canali dedicati che ne parlano in lingua inglese e (non serve dirlo) italiana 😉 




Modello: Flamenca Pol Nuñez


Modello: Pilar Vera

Modello: Sara De Benitez


Modello: Melisa Lozano

Modello: Maricruz

Modello: Maricarmen Cruz


Un capitolo a parte lo meritano i Mantones de Manila, che fanno parte del vestire quotidiano sin dal diciannovesimo secolo. Se i mantón ricamati di grande dimensione erano di uso esclusivo delle classi abbienti, il “mantoncillo” si configurò da subito come un’alternativa popolare ed accessibile, portandolo a consolidarsi, con il tempo, come accessorio imprescindibile dell’outfit per la feria.

Il vecchio mantón signorile, invece, é rimasto legato in modo pressoché esclusivo al contesto del baile.

Come curiositá, vale la pena segnalare che negli anni ‘60 il mantoncillo venne temporaneamente “abolito” e rimpiazzato da frange che venivano cucite direttamente sul vestito. Tornó peró di nuovo in voga nel decennio successivo, arrivando fino ai giorni nostri.



4 Mostre di moda flamenca da non perdere a Siviglia

Foto: Bulevar Sur

Toglieteci tutto, ma non Aprile. Si sarebbe dovuta tenere proprio in questi giorni la Feria di Siviglia, l’evento in assoluto più atteso dalle appassionate dei volant. E, accidenti, quanto siamo stufe del condizionale passato!
Con l’appuntamento saltato per il secondo anno di fila, sono tante, in città, le iniziative pubbliche e private che cercano di riempire il vuoto. L’obiettivo che si propongono, soprattutto, è quello di sostenere il settore della moda flamenca, privato di oltre l’ottanta per cento dei suoi introiti e paralizzato da una crisi socio-sanitaria di cui ancora non si vede la fine. Oltre a un mercatino tematico e all’invito ad uscire indossando il traje de gitana, il compito è affidato soprattutto ad una serie di mostre che, tra scatti e capolavori di tessuto, rivendicano l’importanza del costume regionale andaluso nella storia e nel tessuto culturale di un popolo. Le bellissime immagini che ci restituiscono non possono che riempire gli occhi della luce lacrimosa della nostalgia, portandoci ad attendere con ancora più impazienza il giorno in cui l’allegria, i colori e la spensieratezza potranno di nuovo invadere le strade.

Scopriamole insieme.



VOLANT PER LE STRADE



Nel centro del capoluogo andaluso, due esposizioni fotografiche  – tanto diverse quanto complementari – incarnano la duplice dimensione della moda flamenca. Da un lato, riassunta in “Por los Rincones del Alcázar” quella delle influencer e delle fashionistas corteggiate dai brand. Dall’altro, in “Los Héroes Visten Volantes”, la gente comune: cassiere, poliziotte, infermiere… donne di tutte le età e di tutte le corporature che durante la settimana della feria vedono assottigliarsi i confini tra il loro mondo e quello delle celebrities. Perchè un abito da flamenca ha lo straordinario potere di farci sentire belle. Tutte. Senza distinzioni. 


In totale, si tratta di 60 immagini in altrettanti banner distribuiti tra la Avenida de la Constitución, la Plaza del Salvador e la Plaza del Altozano, che i passanti potranno ammirare fino al prossimo 25 Aprile. 

POR LOS RINCONES DEL ALCÁZAR 

La super modella Eva González (ex miss Spagna e sivigliana D.O.C) è il volto ufficiale della Non- Feria de Abril 2021 in questa serie di scatti fotografici promossi dall’Associazione Mof & Art e ambientati nella suggestiva cornice del Real Alcázar.

A realizzarli è stata  Inmaculada Puchal (Deinm estudio), con Pedro González come direttore artistico a Alba Bau come assistente. Il trucco e l’hairstyle sono stati affidati  a Manuel Cecilio.



Abito: Pilar Vera. Accessori: Morlote. Cappello: Antonio García. Foulard: Victorio y Luchino.


Gilet: Pitusa Gasul. Mantón: Ángeles Espinar. Accessori: Morlote

Abito: Maricruz Montecarlo. Ventaglio e accessori: Artesanía Carvajal.


Abito: Pitusa Gasul. Accessori: Chocolate Complementos

Abito e Mantón: Delia Nuñez. Accessori: chocolate complementos.


Abito: Melisa Lozano. Accessori: Morlote

Abito: Pilar Vera. Accessori: Chocolate complementos.

Abito e cappello: Antonio García. Accessori: Morlote

Outfit Ángeles Espinar. Accessori: Chocolate complementos


In un’intervista per Bulevar Sur (che potete leggere integralmente, in lingua spagnola, a questo link) , la González ha affermato che indossare un traje de flamenca la fa sentire potente. “Mi considero abbastanza classica al momento di sceglierne uno, preferisco i pois e le tinte unite” – ammette. “Oso poco con le stampe, anche se mi piacciono molto quando le vedo sulle altre. Per me un abito flamenco deve essere innanzitutto femminile”. 

LOS HÉROES VISTEN VOLANTES


Organizzata dal movimento Lunar Off, questa seconda galleria fotografica all’aria aperta si configura come un sentito omaggio agli autentici eroi della pandemia: professionisti che hanno contribuito a farci sentire sicuri, esponendosi più di altri ai rischi – fisici e psicologici – del Covid-19. Medici, infermiere, esponenti delle forze dell’ordine, dipendenti dei supermercati, trasportiste, rappresentanti dell’istruzione e dell’assistenza a domicilio hanno fatto da modelle per un giorno, indossando le creazioni di alcuni dei designer flamenchi più rinomati, e affidandosi alle mani di un equipe di truccatori e parrucchieri capitanata da Eduardo Piña.




Foto: Daniel Lebrato

Al servizio fotografico era presente anche la blogger Claudia Alfaro (di “Entre Cirios y Volantes”), che ci regala  alcune stupende immagini dallo shooting. 


Foto: Claudia Alfaro (“Entre Cirios y Volantes”). Designer: Cecilia Alcántara

Foto: Claudia Alfaro (“Entre Cirios y Volantes”). Designer: Canela pura

VOLANT DA MUSEO



La moda flamenca, però, non si accontenta di essere ammirata attraverso il filtro di un obiettivo. Sono due le mostre che in questi giorni (e fino al prossimo 2 Maggio) la esaltano in tutta la sua esuberante tridimensionalità di tessuti e decorazioni. 



LA EVOLUCIÓN DEL TRAJE DE FLAMENCA 

Organizzata dall’Associazione Mof & Art – che presiede l’instancabile stilista Pilar Vera – questa esposizione si presenta forse come la più interessante per chi ama non solo la moda flamenca, ma la cultura andalusa in generale.
Chi vi assiste, è invitato a fare un percorso completo e straordinariamente ben documentato nella storia del costume regionale, ammirando le innumerevoli trasformazioni che ha subito in oltre un secolo e mezzo di storia. Oltre agli abiti flamenchi rappresentativi delle diverse epoche, sono esposte anche delle splendide batas de colas realizzate da alcuni dei designer dell’associazione, tra cui quella indossata da Lola Flores all’expo del ‘92 e quella sfoggiata da Estrella Morente ai suoi concerti (entrambe di Justo Salao). 

Completano il quadro una serie di nacchere, mantillas e cappelli antichi.



Foto: Nancy Aiello (Sevilla a Mi Manera) X Italoflamenca

La mostra è allestita nell’edificio del Comune di Siviglia e si può visitare gratuitamente, previa registrazione sul sito.


DA NON PERDERE!! La blogger Nancy Aiello di Sevilla a Mi Manera ha visitato per noi la mostra “La evolución del traje de flamenca” e prestissimo pubblicheremo tutte le foto sul blog. Nel frattempo, potete godervi un piccolo assaggio sul nostro account Instagram.


SENTIR FLAMENCO, ALEGORÍA DE LA BATA DE COLA

Infine, nel patio del Círculo Mercantil il collettivo Lunar Off ci invita ad ammirare un campionario di modelli realizzati da firme come Gil Ortiz, Cristina García, Cloe, Alejandro Santizo, Sara Sanabria, Francisco Tamaral, Rosa Pedroche, Javier García, José Galván, José Manuel Valencia, Javier Ordóñez, Florencio Pérez, Luis Fernández, José Raposo o Daniel Robles. I balconi del palazzo sono adornati con i mantón di Juan Foronda. 


Foto: Instagram / Bulevar Sur







Le flamenche tornano in piazza: i migliori look dalla seconda manifestazione di LunarOff

Foto: Belén Cañada


Il suono delle nacchere. Le palmas a compás. Un caleidoscopio di volant che si muove, tra ovazioni, al ritmo di una sevillana. Non fosse stato per le distanze di sicurezza e le inevitabili mascherine, chiunque si fosse trovato a passeggiare per le strade di Siviglia lo scorso 26 Febbraio avrebbe quasi potuto pensare che fossero tornati i bei tempi della feria.

E invece.

É passata ormai una settimana da quando la moda flamenca é scesa per la seconda volta in piazza nel capoluogo andaluso, chiedendo alle autorità di non lasciar morire uno tra i settori più colpiti dalla pandemia di Coronavirus. 

LunarOff, il movimento organizzatore della manifestazione, aveva di nuovo invitato le donne a partecipare in abiti flamenchi. Questa volta, però, il dress code concedeva maggiore libertà: c’era spazio non solo per il nero del lutto, ma per l’intera palette cromatica, restituendoci l’immagine distorta di un passato che sembra sempre più lontano.

Forse anche per questo la partecipazione è stata più ampia rispetto al primo esperimento del 28 Ottobre. Non è difficile immaginare che siano tante, le ragazze che aspettavano un pretesto per tirare finalmente giù dall’appendino il proprio abito preferito; per godersi la sensazione di bellezza e forza che solo un traje de flamenca ti sa dare. 
Tra applausi e cartelli, la manifestazione è culminata di fronte al Palacio de San Telmo, dove sono stati resi noti i progressi fatti dalla prima volta in cui LunarOff aveva deciso di far sentire la sua voce: NESSUNO.

Il punto è che il settore non pretende che vengano organizzate feste popolari o eventi ad alta affluenza. É chiaro a tutti che oggi non sarebbe possibile. Che sarebbe da irresponsabili anche solo pensarlo. Quello che designer, influencer, artigiani e appassionati richiedono sono, invece, aiuti concreti. Quello che desiderano è che le autorità allunghino una mano, lancino un salvagente o evitino almeno di guardare dall’altra parte mentre la barca affonda.

Perchè si fa presto a riempirsi la bocca di “typical spanish”; A vendere ai turisti l’immagine del flamenco e della cultura andalusa, se poi non si fa nulla per impedire che gli atelier chiudano. Nella speranza che qualcuno ascolti, e che quell’immagine continui ad essere qualcosa di più di una bella cartolina, riviviamo in immagini il giorno in cui le flamenche sono tornate a colorare le strade.


Abito: Carlos Checa – Foto: Pedro Bejar


Abito: Florencio Pérez – Foto: Sevilla Foto 

Abito: Ada Gutiérrez – Foto: Joaquín Corchero 



Abito: Antonio Gutiérrez – Foto: Jakaranda Flamenca  

Abito: Rosa Pedroche – Foto: Jakaranda Flamenca

Abito: Ana Morón – Foto: CayeCruz


Abito. Luis Fernández -Foto: Pedro Bejar


Abiti: Ana Morón, Luis Fernández, Javier García; Foto: Alejandro Gara


Foto:  José Calruej


Foto: Alejandro Gara


Foto: Alejandro Gara



Foto : Belén Cañada


Abito: Alejandro Santizo

Uniqo Qlamenco 2021: 16 nuove proposte per continuare a sognare con la Moda Flamenca

Foto: Juan Carlos Muñoz /Diario de Sevilla

In un momento di incertezza e rivendicazione, ciò di cui più sentivamo la mancanza era la NOVITÁ: Ammirare per la prima volta un traje de flamenca appena uscito dal taller, immaginarselo addosso; Cercare nell’eccellenza dell’artigianato un filo conduttore – estetico o concettuale – che sembrasse in qualche modo riflettere gli umori della società. Quando meno ce l’aspettavamo, Uniqlo Qlamenco ci ha restituito tutto questo, avvolgendo con la miglior carta regalo le emozioni che tanto bramavamo.

Nella cornice di Casa Fabiola – icona del romanticismo sivigliano – lo scorso 18 Febbraio 16 designer hanno presentato ciascuno una nuova creazione, per dimostrare che la moda flamenca non si ferma nemmeno in assenza di feria. Le idee, di fatto, brulicano come o più di come sempre, in un magma creativo simile a quello che da vita ai sogni: fatto di ricordi, immagini archetipiche e spunti che arrivano diretti dal pret a porter. La tradizione incontra sempre più marcate aspirazioni d’haute couture, dove volant che parlano di festa si accompagnano alle mascherine coordinate sullo sfondo di opere del XIX secolo, in un gioco di contrasti che convince e appare surrealista assieme. 

Preceduta da una tavola rotonda in cui si è discusso del presente e del futuro della moda flamenca, la sfilata di Uniqo Qlamenco si è svolta alla presenza esclusiva della stampa, mentre gli appassionati hanno potuto seguirla da casa, in streaming su SevillaTv.

Come prevedevamo, la prima fase dell’epoca post Covid-19 punta sull’eccesso, mettendo in evidenza la voglia di reagire, di festeggiare, di dare libero sfogo agli impulsi e all’allegria che per troppo tempo abbiamo dovuto tenere a bada. Ed ecco così che il nero e il bianco lasciano spazio ad un tripudio di colori accesi (per lo più declinati in chiave monocromatica), di maniche importanti, di pailettes (Francisco Tamaral) di abbondante oro (Fina Estampa, Gil Ortiz, Javier Jiménez, Yolanda Rivas), di organza e di piume (Javier García),  in un gioco di texture e luminosità che implora di farsi guardare.


Oro e sfarzo anticipano le tendenze dell’era post Covid-19

Tra le proposte più originali troviamo quella del sempre anticonvenzionale Gil Ortiz , che ha voluto emulare il processo di creazione dell’abito flamenco, o quella di José Galván, che omaggia la sua Málaga natía con un traje che riprende gli elementi estetici caratteristici dei verdiales, la tradizione folkloristica più propria della feria cittadina. 

Decisamente degne di nota sono poi le maniche floreali di Luis Fernández, vero e proprio capolavoro di artigianato, i pizzi e le stampe magistralmente usate da Atelier Rima per dare al suo modello un sapore di museo e il maestoso sottogonna di Carmen Latorre – il cui abito rientra indubbiamente nella nostra top 5.


Modello di Luis Fernández. Foto: Entre Cirios y Volantes

A seguire, ecco le 16 proposte presentate a Uniqo Qlamenco 2021.


Juan Manolo




(Foto: Juan Carlos Muñoz / Diario De Sevilla)


Adelina Infante



(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Ana Morón



(Foto: Entre Cirios y Volantes)


Antonio Gutiérrez


(Foto: Entre Cirios y Volantes) 

Atelier Rima


(Foto: Juan Carlos Muñoz / Diario De Sevilla)



Carmen Latorre



(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


De Lunares y Volantes



(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Fina Estampa



(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Francisco Tamaral

(Foto: Entre Cirios y Volantes) 


Gil Ortiz



(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Javier García



(Foto: Juan Carlos Muñoz / Diario De Sevilla)


Javier Jiménez



(Foto: Javier Jiménez / Instagram)



José Galváñ


(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Juan Foronda 


(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur) 

Luis Fernández



(Foto: Juan Carlos Muñoz / Diario De Sevilla)

Yolanda Rivas


(Foto: Ernesto Castillo / Bulevar Sur)


Cos’altro bolle in pentola? 

  • L’associazione Qlamenco ha da poco avviato le procedure per richiedere che il Traje de Flamenca venga dichiarato patrimonio dell’umanità. Sebbene il flamenco già lo sia, l’Unesco attualmente considera parte integrante dell’arte andalusa solo gli indumenti che vengono usati per ballarlo, e non quelli che si indossano alla feria – diversi per finalità ed estetica.
  • L’associazione LunarOff ha convocato un’altra manifestazione per rivendicare lo stato precario in cui versa il settore della moda flamenca e richiedere a gran voce soluzioni concrete di tutela da parte delle autorità. L’appuntamento è per Venerdì 26 Febbraio alle 12 nella Plaza Nueva di Siviglia. Le donne sono invitate a partecipare in abiti flamenchi. 
  • Il SIMOF (il salone di moda flamenca con maggior impatto internazionale) ha organizzato una serie di interviste in livestreaming tra l’organizzatrice Raquel Revuelta e alcuni dei più affermati designer del settore. I prossimi appuntamenti sono con Pilar Rubio (23 Febbraio), Antonio Gutiérrez (25 Febbraio) ed Aurora Gaviño (26 Febbraio), sempre alle 18 sul canale Instagram @simofsevilla

We Love Flamenco 2021: Luci ed ombre di un’edizione unica

Foto: Sfilata virtuale di Carmen Acedo a We Love Flamenco 2021 (via Búlevar Sur)

Quattro giorni sono un tempo sufficiente a raffreddare le emozioni; E volte è necessario farlo, per evitare di confondere un brivido sulla pelle con un’opinione formata. Ecco perchè, a dispetto delle esigenze di cronaca, ho deciso di aspettare un po’ prima di pubblicare i miei bilanci su We Love Flamenco 2021.

Era la sera di Domenica 17 quando la passerella chiudeva il sipario sulla sua edizione al contempo più inusuale ed attesa. Durante tutta la durata dell’evento, oltre 15 mila persone si sono collegate al canale di Youtube per saziare la sete di moda flamenca con le sfilate virtuali di 23 firme del settore. Quello che hanno visto è stato un campionario variegato di proposte che spaziano dall’agognata feria al pret a porter, soddisfacendo al contempo il gusto tradizionale e quello più contemporaneo.

Come era già stato messo in chiaro sin dalla primissima giornata, le collezioni presentate sono state le stesse del 2020, tutt’al più con qualche cambio di styling mirato – più che alla ricerca dell’effetto wow – ad una miglior vestibilità.

Sarebbe scorretto e del tutto inappropriato affermare che solo per questo la passerella non andava organizzata. A costo di essere monotona, ripeterò fino allo sfinimento che gli organizzatori di We Love Flamenco hanno preso la miglior decisione possibile: quella di sbattere in faccia al mondo che il settore è vivo e vegeto, pronto a reinventarsi temporaneamente, ma non a rinunciare alla sua essenza. Quello che la settimana scorsa è stato trasmesso in streaming non è, in fondo, altro che il miglior promemoria fino ad ora lanciato alle istituzioni. Fatti (o meglio, Volant) che più delle parole dicono “non abbandonateci. Non ora”. 

Con questa premessa ben salda nella mente sarebbe tuttavia altrettanto sbagliato passare sotto silenzio tutto ciò che mi è mancato in quest’edizione online, e che va ben al di là dell’ovvia impossibilità di passare in rassegna le tendenze di stagione.

Parlo, innanzitutto, della possibilità di rivedere le sfilate.

Contrariamente a quanto inizialmente pubblicato da fonti molteplici, alla fine sono state trasmesse solo in streaming, senza essere salvate per una visione posteriore. Capisco la volontà di trasferire sullo schermo la stessa esclusività effimera che si prova dalla front row, ma la trovo controproducente ai fini di una copertura mediatica ad ampio raggio.

Esiste una quantità spropositata di blogger, instagrammer e microinfluencer che – a differenza dei giornalisti professionisti – si occupano di moda senza alcun fine di lucro. Queste persone hanno quasi sempre un altro lavoro, oltre a famiglia e impegni di vario titolo che rendono loro quasi impossibile connettersi a YouTube per guardare una sfilata alle 18.30 di un Giovedì o alle 11 di un Sabato. 


Nessuno si sente a suo agio a scrivere di ciò che non ha visto, specialmente se non è pagato per farlo. Che succede, allora? Che non lo fa. E la quantità di articoli, post, immagini, commenti sulla manifestazione si riduce drasticamente assieme all’impatto del messaggio, rifugiandosi in via esclusiva sulle pagine dei quattro soliti noti.

Forse non sarebbe successo se, in assenza di replay, ci fossero state le foto. Perchè se è vero che il problema degli orari si pone spesso anche con le sfilate presenziali, gli scatti promozionali post-sfilata rendono in genere piuttosto facile porvi rimedio. Il carattere gratuito dell’edizione 2021 ha costretto invece gli organizzatori a fare a meno dei fotografi professionisti e dei cartellini d’accredito. Mi chiedo però se i cameraman, al momento di filmare le sfilate, non potessero “congelare” qualche frame ad uso e consumo delle recensioni. O perché non abbiano potuto provvedere – foss’anche con un semplice smartphone – gli organizzatori stessi. La verità è che piange il cuore a vedere testate prestigiose come Bulevar Sur o il Diario de Sevilla costrette a pubblicare banali screenshot proprio come gli ultimi arrivati. Le collezioni, si sa, si valorizzano con una qualità d’immagine, se non elevatissima, almeno un pochino superiore a quella offerta da un ammasso di pixel rubati al movimento.

Infine, mi sarebbe piaciuto vedere un po’ più di innovazione. Quello del fashion film è un formato che la moda sta scoprendo ora, ma difficilmente sparirà quando ci lasceremo alle spalle la pandemia mondiale. La rivoluzione digitale è arrivata per restare.

Tanto vale, allora, iniziare a riconoscerne e sfruttarne le potenzialità. La sensazione che ho avuto è che a We Love Flamenco ci si sia limitati a “filmare” una sfilata classica, tutt’al più spostandone l’ambientazione all’esterno. L’operazione, non c’è dubbio, è stata fatta con cura: le inquadrature andavano ad accarezzare i dettagli e le texture, valorizzandole al punto che in alcuni casi pareva di poterle toccare.

Ma rimane il fatto che un video non è una sfilata, né potrà mai esserlo. La chiave sta nell’accettarlo e utilizzarlo in modo diverso, come fosse un editoriale in movimento. Non parlo di affogare negli effetti speciali – che in eccesso possono deviare l’attenzione da ciò che realmente importa (i vestiti). Piuttosto mi riferisco al dare alle sfilate un contesto. A valorizzarle mediante musica e dinamiche di storytelling che escano dal convenzionale, facendo parlare di sé. Se Juan Boleco, ancora ignaro di un futuro di lockdown, riuscì a presentare la collezione 2020 con un videoclip in un contesto industriale, dai mille scenari offerti dall’hotel Alfonso XII mi sarei aspettata qualcosa di più.

Detto questo – e chiarendo che si tratta di suggerimenti costruttivi e non di critiche demolitrici – l’edizione 2021 mi ha regalato anche e soprattutto meravigliosi momenti di nostalgia, riscoperta e ispirazione. A seguire, ecco il mio best of: 

1 – (RI) SCOPRIRE LUCÍA HERREROS



Foto: We Love Flamenco

Confesso che, nella valanga di proposte della scintillante era pre-covid19, questa giovane designer mi era passata inosservata. L’anno scorso presentò per la prima volta a We Love Flamenco una collezione come marca professionale e la settimana scorsa la sua sfilata digitale mi diede finalmente la possibilità di apprezzarne il talento. Volumi, eleganza e una palette che ha nei toni del bronzo il suo punto centrale danno vita a capi che non prescindono da un certo “tocco contemporaneo”.   




2 – IL MANTÓN DI PATCHWORK DI FLAMENCA POL NUÑEZ




Foto: We Love Flamenco / Diario de Sevilla

I primi piani della telecamera di We Love Flamenco sono riusciti nella difficile impresa di valorizzare al massimo l’inconfondibile stile boho-flamenco di Delia Nuñez: direttrice creativa della firma che l’anno scorso ha celebrato i suoi 25 anni di attività. L’apparizione stellare del mantón di patchwork che in tanti avevano applaudito nel 2020 mi ha entusiasmata quasi come se lo vedessi dal vivo.



3 – LE ISPIRAZIONI WESTERN DI JAVIER MOJARRO



Foto: We Love Flamenco / Búlevar Sur

É stato un autentico piacere per gli occhi rivedere alcuni dei modelli più emblematici di Calamity Jane, la collezione in cui il designer pesca a grandi mani dall’immaginario western per vestire una flamenca d’avanguardia che non smette di affascinare.



4 – IL VESTITO ROSA DI ANA FERREIRO


Foto: Dos Trianeros Por El Mundo / V Desfile de Moda Flamenca en el Círculo Mercantil e Industrial de Sevilla

Tonalità pastello, gonne ampie e sapore di Marocco: Ana Ferreiro ha aperto la seconda giornata di We Love Flamenco con una collezione che (sulla base del puro gusto personale) ha uno dei suoi punti algidi nell’abito che vedete in foto.


 
5 – RICORDARE PABLO RETAMERO & JUANJO BERNAL


Foto: Pablo Retamero & Juanjo Bernal /Facebook

Acclamatissima alla scorsa edizione di We Love Flamenco, la collezione Meraki di Pablo Retamero & Juanjo Bernal ha riportato all’Hotel Alfonso XII colori accesi e fantasie ispirate alla giungla africana. Volumi, versatilità, comfort, accostamento di tessuti diversi e maniche a palloncino danno vita ad una proposta originale e variegata che convince sempre di più ad ogni apparizione.



6 – IL “BIANCO AJOLí”

Foto: Diario de Sevilla 2020

La collezione de El Ajolí va a coprire quasi tutta la gamma cromatica, eppure il traje secondo me meglio riuscito é rigorosamente bianco. A quanto pare non sono l’unica a pensarlo: é stato anche il piú votato tra i follower di @DeVolantesYArte.

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Avete visto We Love Flamenco 2021? Se sí, sarei felicissima di leggere le vostre opinioni nei commenti! 🙂