[GALLERY] L’evoluzione dell’abito flamenco

FOTO: Nancy Aiello / Sevilla a Mi Manera

Il traje de flamenca è l’unico costume regionale spagnolo che si modifica nel tempo, subendo l’influenza delle mode e del contesto sociale in cui si inquadra. Lungi dal restare rilegata in qualche polveroso libro di storia, la sua evoluzione prende corpo e colore in una bellissima mostra allestita nella sede del Comune di Siviglia, dove si potrà visitare fino al prossimo 2 Maggio.

Per realizzarla, l’associazione Mof & Art si è basata sullo studio di materiale fotografico e pittorico legato alla Feria de Abril, accompagnando cimeli antichi (come peinetas, nacchere e abiti passati alla storia per le personalità di spicco che li hanno indossati – Lola Flores su tutti) con modelli che aspirano a reinterpretare nel modo più fedele possibile lo stile di ogni epoca.


Le due prestigiose batas de cola del designer Justo Salao: quella gialla fu indossata da Lola Flores all’expo del ’90, durante uno spettacolo nel padiglione italiano; Quella blu vestí la cantante Estrella Morente a un’opera presentata al Liceo di Barcellona e al Teatro della Maestranza di Siviglia.


Peinetas d’epoca




Nancy Aiello di Sevilla A Mi Manera ha visitato l’esposizione per noi e, come promesso, vi riportiamo tutte le foto in questo post. 

LE ORIGINI



Quello che oggi chiamiamo “traje de flamenca” nasce verso la metà del diciannovesimo secolo, quando aveva ancora molto in comune con gli abiti dipinti da Goya nei suoi ritratti. Per assistere alle fiere del bestiame (che comprendevano anche balli e festeggiamenti di ogni genere), le gitane e le donne di campagna indossavano abiti leggeri, che dovevano essere abbastanza comodi da adattarsi alla vita nomade e alle incombenze quotidiane. Le gonne erano quindi molto ampie, con uno o due volant al massimo, e si accompagnavano a foulard e orecchini che imitavano i coralli.

Per realizzarli venivano utilizzati tessuti poveri, venduti a basso costo… e proprio da lì vengono i pois, che oggi sono – assieme ai volant – il simbolo indiscusso della moda flamenca. La fantasia che tanto amiamo nacque infatti da un errore di stampa, e inizialmente godeva di pessima fama in quanto ricordava malattie come il morbillo. Per questo costava pochissimo e le classi meno abbienti (come, appunto, quelle delle gitane e delle campesine) potevano accedervi con maggior facilità.

Tra il 1870 e il 1909 le donne della borghesia cominciano anche loro ad assistere alla feria, che inizia a configurarsi sempre più come una festa popolare indipendente dalla compravendita di bestiame. Qui vengono conquistate dalla bellezza dell’abito indossato dalle gitane ed iniziano ad ordinarne di simili da indossare in quello specifico contesto. Naturalmente, la disponibilità economica era abbastanza diversa da quella delle contadine: ecco quindi che il traje de gitana si abbellisce con tessuti più raffinati e un maggior numero di volant, accompagnandosi a pettini di tartaruga, orecchini d’oro e corallo e gli immancabili Mantones de Manila, che iniziano a fare la loro comparsa sulla scena flamenca.

L’esposizione iberoamericana del 1929 segna un punto di inflessione nella storia dell’abito che tanto amiamo, che viene adottato in massa dalle donne delle classi alte (pois compresi), imponendosi a tutti gli effetti come costume regionale.

GLI ANNI ‘20




L’umile indumento contadino inizia a diventare qualcosa di molto più elaborato. Entrano in gioco l’organza e il batista (un tipo di tela finissima di lino),  e si iniziano ad utilizzare pettinini e fiori per l’acconciatura. Le donne accompagnano l’outfit con gli orecchini che utilizzano per le occasioni speciali, dal momento che non  esistono ancora quelli espressamente creati e pensati per la feria.


GLI ANNI 30



I caffè letterari ispirano le donne delle classi alte nella scelta dell’abito da indossare a quello che inizia ad essere un appuntamento imprescindibile per tutti i sivigliani. Percalle, lino, voile di cotone, nastri e merletti a tombolo entrano così nel traje de flamenca, che viene ormai indossato indistintamente da tutta le classi sociali.


GLI ANNI 40



Dopo la guerra civile che ha devastato (psicologicamente ed economicamente) la Spagna, Siviglia recupera finalmente la sua feria, sospesa per tre anni di fila. I tessuti tornano ad essere economici, e gli abiti da flamenca si cuciono a casa.
Le linee sono perciò essenziali, e sono gli accessori ad assumere il protagonismo: la plastica diventa la base per realizzare orecchini, bracciali, pettinini e collane che iniziano a ricordare quelli che tutt’oggi utilizziamo per la feria.

C’è chi dice che lo stile flamenco del dopoguerra ispirerà la moda flamenca del post Covid-19, dopo l’iniziale trionfo di colori, pailettes ed eccessi di ogni sorta che secondo tutte le  previsioni dominerà la prima vera feria dopo la pandemia – in linea con quanto stanno già proponendo i designer della moda “civile”. 

ANNI 50


La feria de Abril compie 100 anni e vive la sua epoca di massimo splendore. Le casetas iniziano ad essere decorate con cura, le carrozze trainate da cavalli circolano per le strade e la spensieratezza regna sovrana. Il traje de flamenca si riappropria dei volant, scommettendo sull’organza inamidata e i sottogonna ricamati.

ANNI 60



Si inquadra in questo decennio la trasformazione più importante subita dal traje de flamenca nel corso di tutta la sua storia: la lunghezza si accorcia al ginocchio, innovando completamente la silhouette. Inoltre, si incorporano i volant di piccole dimensioni e i sottogonna colorati.

É in questi anni che l’immaginario di toro, flamenco e donne vestite da flamenca inizia ad essere associato alla Spagna a livello internazionale. Icone fashion internazionali come Grace Kelly, Jackie Kennedy, Ava Garder o Rita Hayworth arrivano in Spagna e si vestono da flamenca, contribuendo alla diffusione dell’estetica del costume tipico andaluso in tutto il mondo. 

ANNI 70 

L’abito flamenco aderisce al corpo, stilizzando la figura femminile. Gli abiti tornano ad allungarsi fino alle caviglie e le maniche fino al polso. 




ANNI 80



Negli anni ‘80 si torna a guardare al passato e si recuperano i vestiti con pochi volant (due o tre). Tra i tessuti appare il terital e i merletti sintetici vivono il loro momento d’oro. É interessante notare, nei modelli esposti nella sede del Comune di Siviglia, il protagonismo assoluto delle maniche, che spostano l’attenzione sulla parte superiore del corpo come accade anche nella moda pret a porter dell’epoca (vi dicono niente le spalline imbottite?)


ANNI 90




La moda internazionale s’innamora del costume regionale andaluso e grandi firme come Jean Paul Gaultier o Dolce & Gabbana si ispirano alla moda flamenca per le loro creazioni.
É in questo decennio che nasce la prima passerella professionale dedicata al settore dei volant: SIMOF.

Potendo disporre finalmente di una “vetrina”  in cui esporre i loro lavori, i designer si vedono spronati a creare per la prima volta vere e proprie collezioni di moda flamenca, con un preciso filo conduttore estetico e concettuale. Il traje si inizia quindi a “pensare” di più, cercando l’innovazione e l’identità personale.

Le gonne perdono ampiezza e il punto vita scende, come nei pantaloni in voga all’epoca. Tra i tessuti, si impongono il georgette, il crochet e la garza, mentre orecchini e pettinini si decorano con frammenti di minerali e porcellana.


ANNI 2000

La moda flamenca diventa un’industria a tutti gli effetti, con designer specializzati, negozi dedicati, collezioni e tendenze annuali. Si inizia a parlare di “quello che va di moda quest’anno” per la feria e l’influenza della moda pret a porter si fa sempre più invasiva.

Iniziamo a vedere tagli asimmetrici, completi di giacca e gonna e innumerevoli innovazioni che tuttavia non dimenticano le origini e l’essenza del traje andaluso. Proprio come nella moda convenzionale, si utilizzano ormai tutti i tipi di tessuto e diventano fondamentali gli accessori, realizzati con materiale di qualità sempre migliore (dai cristalli all’oro e le pietre preziose)




DAL 2010 ALL’ATTUALITÁ

Ogni designer di moda flamenca adottano ciascuno uno stile proprio, e le possibilità di scelta per le clienti sono quasi illimitate. La crisi del 2008 colpisce duramente il settore, che però sopravvive grazie alla passione delle andaluse per il loro costume regionale – un segnale di speranza nei tempi difficili in cui ci troviamo a vivere.

Nell’ultimo decennio le passerelle di moda flamenca si sono moltiplicate, coinvolgendo non solo Siviglia ma tutte le principali città andaluse (da Jerez a Málaga e Granada). Come nel pret a porter, i social network hanno modificato – e continuano a modificare – le modalità di fruizione e i meccanismi di promozione dell’industria dei volant tra fashion films, blogger, influencer e sfilate virtuali.

Grazie ad Internet, il traje de flamenca si è ulteriormente diffuso in tutto il mondo, con canali dedicati che ne parlano in lingua inglese e (non serve dirlo) italiana 😉 




Modello: Flamenca Pol Nuñez


Modello: Pilar Vera

Modello: Sara De Benitez


Modello: Melisa Lozano

Modello: Maricruz

Modello: Maricarmen Cruz


Un capitolo a parte lo meritano i Mantones de Manila, che fanno parte del vestire quotidiano sin dal diciannovesimo secolo. Se i mantón ricamati di grande dimensione erano di uso esclusivo delle classi abbienti, il “mantoncillo” si configurò da subito come un’alternativa popolare ed accessibile, portandolo a consolidarsi, con il tempo, come accessorio imprescindibile dell’outfit per la feria.

Il vecchio mantón signorile, invece, é rimasto legato in modo pressoché esclusivo al contesto del baile.

Come curiositá, vale la pena segnalare che negli anni ‘60 il mantoncillo venne temporaneamente “abolito” e rimpiazzato da frange che venivano cucite direttamente sul vestito. Tornó peró di nuovo in voga nel decennio successivo, arrivando fino ai giorni nostri.



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