We Love Flamenco 2021: Luci ed ombre di un’edizione unica

Foto: Sfilata virtuale di Carmen Acedo a We Love Flamenco 2021 (via Búlevar Sur)

Quattro giorni sono un tempo sufficiente a raffreddare le emozioni; E volte è necessario farlo, per evitare di confondere un brivido sulla pelle con un’opinione formata. Ecco perchè, a dispetto delle esigenze di cronaca, ho deciso di aspettare un po’ prima di pubblicare i miei bilanci su We Love Flamenco 2021.

Era la sera di Domenica 17 quando la passerella chiudeva il sipario sulla sua edizione al contempo più inusuale ed attesa. Durante tutta la durata dell’evento, oltre 15 mila persone si sono collegate al canale di Youtube per saziare la sete di moda flamenca con le sfilate virtuali di 23 firme del settore. Quello che hanno visto è stato un campionario variegato di proposte che spaziano dall’agognata feria al pret a porter, soddisfacendo al contempo il gusto tradizionale e quello più contemporaneo.

Come era già stato messo in chiaro sin dalla primissima giornata, le collezioni presentate sono state le stesse del 2020, tutt’al più con qualche cambio di styling mirato – più che alla ricerca dell’effetto wow – ad una miglior vestibilità.

Sarebbe scorretto e del tutto inappropriato affermare che solo per questo la passerella non andava organizzata. A costo di essere monotona, ripeterò fino allo sfinimento che gli organizzatori di We Love Flamenco hanno preso la miglior decisione possibile: quella di sbattere in faccia al mondo che il settore è vivo e vegeto, pronto a reinventarsi temporaneamente, ma non a rinunciare alla sua essenza. Quello che la settimana scorsa è stato trasmesso in streaming non è, in fondo, altro che il miglior promemoria fino ad ora lanciato alle istituzioni. Fatti (o meglio, Volant) che più delle parole dicono “non abbandonateci. Non ora”. 

Con questa premessa ben salda nella mente sarebbe tuttavia altrettanto sbagliato passare sotto silenzio tutto ciò che mi è mancato in quest’edizione online, e che va ben al di là dell’ovvia impossibilità di passare in rassegna le tendenze di stagione.

Parlo, innanzitutto, della possibilità di rivedere le sfilate.

Contrariamente a quanto inizialmente pubblicato da fonti molteplici, alla fine sono state trasmesse solo in streaming, senza essere salvate per una visione posteriore. Capisco la volontà di trasferire sullo schermo la stessa esclusività effimera che si prova dalla front row, ma la trovo controproducente ai fini di una copertura mediatica ad ampio raggio.

Esiste una quantità spropositata di blogger, instagrammer e microinfluencer che – a differenza dei giornalisti professionisti – si occupano di moda senza alcun fine di lucro. Queste persone hanno quasi sempre un altro lavoro, oltre a famiglia e impegni di vario titolo che rendono loro quasi impossibile connettersi a YouTube per guardare una sfilata alle 18.30 di un Giovedì o alle 11 di un Sabato. 


Nessuno si sente a suo agio a scrivere di ciò che non ha visto, specialmente se non è pagato per farlo. Che succede, allora? Che non lo fa. E la quantità di articoli, post, immagini, commenti sulla manifestazione si riduce drasticamente assieme all’impatto del messaggio, rifugiandosi in via esclusiva sulle pagine dei quattro soliti noti.

Forse non sarebbe successo se, in assenza di replay, ci fossero state le foto. Perchè se è vero che il problema degli orari si pone spesso anche con le sfilate presenziali, gli scatti promozionali post-sfilata rendono in genere piuttosto facile porvi rimedio. Il carattere gratuito dell’edizione 2021 ha costretto invece gli organizzatori a fare a meno dei fotografi professionisti e dei cartellini d’accredito. Mi chiedo però se i cameraman, al momento di filmare le sfilate, non potessero “congelare” qualche frame ad uso e consumo delle recensioni. O perché non abbiano potuto provvedere – foss’anche con un semplice smartphone – gli organizzatori stessi. La verità è che piange il cuore a vedere testate prestigiose come Bulevar Sur o il Diario de Sevilla costrette a pubblicare banali screenshot proprio come gli ultimi arrivati. Le collezioni, si sa, si valorizzano con una qualità d’immagine, se non elevatissima, almeno un pochino superiore a quella offerta da un ammasso di pixel rubati al movimento.

Infine, mi sarebbe piaciuto vedere un po’ più di innovazione. Quello del fashion film è un formato che la moda sta scoprendo ora, ma difficilmente sparirà quando ci lasceremo alle spalle la pandemia mondiale. La rivoluzione digitale è arrivata per restare.

Tanto vale, allora, iniziare a riconoscerne e sfruttarne le potenzialità. La sensazione che ho avuto è che a We Love Flamenco ci si sia limitati a “filmare” una sfilata classica, tutt’al più spostandone l’ambientazione all’esterno. L’operazione, non c’è dubbio, è stata fatta con cura: le inquadrature andavano ad accarezzare i dettagli e le texture, valorizzandole al punto che in alcuni casi pareva di poterle toccare.

Ma rimane il fatto che un video non è una sfilata, né potrà mai esserlo. La chiave sta nell’accettarlo e utilizzarlo in modo diverso, come fosse un editoriale in movimento. Non parlo di affogare negli effetti speciali – che in eccesso possono deviare l’attenzione da ciò che realmente importa (i vestiti). Piuttosto mi riferisco al dare alle sfilate un contesto. A valorizzarle mediante musica e dinamiche di storytelling che escano dal convenzionale, facendo parlare di sé. Se Juan Boleco, ancora ignaro di un futuro di lockdown, riuscì a presentare la collezione 2020 con un videoclip in un contesto industriale, dai mille scenari offerti dall’hotel Alfonso XII mi sarei aspettata qualcosa di più.

Detto questo – e chiarendo che si tratta di suggerimenti costruttivi e non di critiche demolitrici – l’edizione 2021 mi ha regalato anche e soprattutto meravigliosi momenti di nostalgia, riscoperta e ispirazione. A seguire, ecco il mio best of: 

1 – (RI) SCOPRIRE LUCÍA HERREROS



Foto: We Love Flamenco

Confesso che, nella valanga di proposte della scintillante era pre-covid19, questa giovane designer mi era passata inosservata. L’anno scorso presentò per la prima volta a We Love Flamenco una collezione come marca professionale e la settimana scorsa la sua sfilata digitale mi diede finalmente la possibilità di apprezzarne il talento. Volumi, eleganza e una palette che ha nei toni del bronzo il suo punto centrale danno vita a capi che non prescindono da un certo “tocco contemporaneo”.   




2 – IL MANTÓN DI PATCHWORK DI FLAMENCA POL NUÑEZ




Foto: We Love Flamenco / Diario de Sevilla

I primi piani della telecamera di We Love Flamenco sono riusciti nella difficile impresa di valorizzare al massimo l’inconfondibile stile boho-flamenco di Delia Nuñez: direttrice creativa della firma che l’anno scorso ha celebrato i suoi 25 anni di attività. L’apparizione stellare del mantón di patchwork che in tanti avevano applaudito nel 2020 mi ha entusiasmata quasi come se lo vedessi dal vivo.



3 – LE ISPIRAZIONI WESTERN DI JAVIER MOJARRO



Foto: We Love Flamenco / Búlevar Sur

É stato un autentico piacere per gli occhi rivedere alcuni dei modelli più emblematici di Calamity Jane, la collezione in cui il designer pesca a grandi mani dall’immaginario western per vestire una flamenca d’avanguardia che non smette di affascinare.



4 – IL VESTITO ROSA DI ANA FERREIRO


Foto: Dos Trianeros Por El Mundo / V Desfile de Moda Flamenca en el Círculo Mercantil e Industrial de Sevilla

Tonalità pastello, gonne ampie e sapore di Marocco: Ana Ferreiro ha aperto la seconda giornata di We Love Flamenco con una collezione che (sulla base del puro gusto personale) ha uno dei suoi punti algidi nell’abito che vedete in foto.


 
5 – RICORDARE PABLO RETAMERO & JUANJO BERNAL


Foto: Pablo Retamero & Juanjo Bernal /Facebook

Acclamatissima alla scorsa edizione di We Love Flamenco, la collezione Meraki di Pablo Retamero & Juanjo Bernal ha riportato all’Hotel Alfonso XII colori accesi e fantasie ispirate alla giungla africana. Volumi, versatilità, comfort, accostamento di tessuti diversi e maniche a palloncino danno vita ad una proposta originale e variegata che convince sempre di più ad ogni apparizione.



6 – IL “BIANCO AJOLí”

Foto: Diario de Sevilla 2020

La collezione de El Ajolí va a coprire quasi tutta la gamma cromatica, eppure il traje secondo me meglio riuscito é rigorosamente bianco. A quanto pare non sono l’unica a pensarlo: é stato anche il piú votato tra i follower di @DeVolantesYArte.

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Avete visto We Love Flamenco 2021? Se sí, sarei felicissima di leggere le vostre opinioni nei commenti! 🙂

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